La Banca mondiale by Alessandro Magnoli Bocchi & Matteo Piazza

La Banca mondiale by Alessandro Magnoli Bocchi & Matteo Piazza

autore:Alessandro Magnoli Bocchi & Matteo Piazza [Bocchi, Alessandro Magnoli & Piazza, Matteo]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Economia, Farsi un'idea
editore: il Mulino
pubblicato: 2010-02-14T23:00:00+00:00


È poco democratica

Non è solo il radicale cambiamento del contesto internazionale a mettere in discussione il ruolo della Banca. Un rimprovero frequente è quello di essere poco democratica, un’accusa che riassume in sé tre critiche distinte (e spesso avanzate separatamente): la scarsa democrazia della governance della Banca; la tendenza a violare – se non nella forma, almeno nella sostanza – la sovranità dei paesi; e il fatto che la Banca presti a regimi non democratici.

Come già ricordato, la struttura di governance della Banca mondiale permette ai paesi più ricchi, in quanto azionisti di maggioranza, la possibilità di influenzare significativamente la definizione dell’agenda e delle priorità. In parte, si tratta di un’eredità delle origini: alla nascita, la Ibrd era una banca in senso stretto e, come tale, non avrebbe potuto essere gestita dai suoi debitori. In aggiunta, il capitale, adesso come allora, proviene per lo più dai paesi ricchi. Tuttavia, la Banca mondiale prende oggi posizione su questioni che interessano tutti i paesi del mondo, decide i criteri generali con cui allocare i fondi e i tassi a cui farlo e decide se e come produrre beni pubblici globali. I paesi più poveri hanno poca voce in capitolo e si chiedono cosa sappiano i paesi ricchi di una povertà che non è la loro e perché dovrebbero essere interessati a uno sviluppo economico e sociale che non è il loro. La storia della lotta al sottosviluppo della seconda metà del Novecento non aiuta a dissipare l’impressione di un’attenzione solo occasionale, e non sempre sospinta dalle migliori motivazioni, da parte dei paesi ricchi.

Anche accettando l’idea che la riduzione della povertà sia un obiettivo condiviso, la sua traduzione pratica non è necessariamente la stessa per paesi sviluppati e in via di sviluppo. E, infatti, le differenze sulle priorità da seguire esistono eccome: la recente ripresa degli investimenti infrastrutturali è stata fortemente voluta dai paesi emergenti, assecondati dalla Banca in ansiosa ricerca di un ruolo in questi paesi. L’enfasi sull’importanza del buon governo e sulla maggiore trasparenza delle politiche è invece un tema caro ai paesi avanzati che non ha trovato un’accoglienza particolarmente calorosa da parte dei paesi in via di sviluppo. E il cambiamento del contesto internazionale – riflesso nell’aumento costante del numero dei paesi membri (da 38 all’avvio delle operazioni, a 100 nel 1963, a 185 oggi per la Ibrd) – ha sottoposto a una tensione crescente la struttura di governo della Banca. I paesi africani premono per avere più voce in capitolo ma sono i paesi emergenti come Cina, Messico e Turchia che hanno più possibilità di accrescere il loro peso, dato il sistema esistente di determinazione delle quote. Specularmente, crescono le pressioni sui paesi europei perché siano loro, riducendo le loro quote, a facilitare questa riallocazione del potere di voto.

Una governance della Banca squilibrata verso i paesi più ricchi diventa ancor più delicata quando l’erogazione di fondi è subordinata all’attuazione di determinate politiche. È ricorrente la critica secondo cui la Banca tiene in scarsa considerazione la sovranità dei paesi più poveri.



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